Trama
Ispirato al libro Il prigioniero della terrorista Anna Laura Braghetti.
Il titolo prende spunto da una poesia di Emily Dickinson: Buongiorno, Mezzanotte.
Due giovani affittano un appartamento, gesto usuale di una coppia di sposi. Un interno di una casa, tipica di Roma, le grate alle finestre, i vicini, un capodanno come tanti, con la TV (Montesano) che fa da sottofondo, i libri.
Un elicottero in cielo, il TG (G.Santalmassi) che annuncia la notizia del rapimento. Una cassa, dentro c'č moro,
Chiara che accudisce i tre compagni, fa da mangiare, stira. Gesti rituali, il cibo, la TV (Balletto della CarrĂ , Emanuele Rocco), il lavoro al ministero.
La stella a cinque punte sulla parete interna dell'ascensore. I colleghi di lavoro, la corsa per le scale.
Il collega che le dice come potrebbe essere piů carina se non si vestisse come una suora.
La zia, la domenica trascorsa con lei, la rievocazione di suo padre, ora religiosa, ora piena di un'altra religione altrettanto partecipata.
Il dialogo tra Moro ed il suo carceriere, le lettere. Figure di politici in TV. I sogni di Chiara. La seduta spiritica. I bisogni dei suoi compagni (I Canarini, la ragazza).
Un arresto al ministero, Chiara che credeva che fossero lì per lei e si ripete: mi dichiaro prigioniera politica.
La lettera di Moro al Papa: A S.S. Paolo VI
CittĂ del Vaticano
In quest'ora tanto difficile mi permetto di rivolgermi con vivo rispetto e profonda speranza alla SantitĂ
vostra, affinché con altissima autorità morale e cristiano spirito umanitario voglia intercedere presso le
competenti autoritĂ governative italiane per un'equa soluzione del problema dello scambio dei
prigionieri politici e la mia restituzione alla famiglia, per le cui necessitĂ assai gravi sono indispensabili la
mia presenza ed assistenza. Solo la Santità Vostra può porre di fronte alle esigenze dello Stato,
comprensibili nel loro ordine le ragioni morali e il diritto alla vita.
Con profonda gratitudine, speranza e devoto ossequio
dev.mo Aldo Moro
Le lacrime di Chiara.
I canarini fuggiti.
La sentenza. L'ultima cena con i tre carcerieri che Chiara immagina farsi il segno della croce prima di mangiare la minestra.
Un Moro che esce da una casa qualsiasi di Roma, davanti al palazzo della civiltĂ e del lavoro, in un mattino, quando tutto ancora tace e cammina per la strada, stringendosi nel colletto della giacca.
Le musiche il coro russo, i Pink Floyd, Schubert.
E' un film intimo.
La dimensione che avvolge tutta la vicenda č una dimensione profondamente intima, in cui la storia č solo suggerita, mai presente con la forza e la violenza della cronaca.
E' una dimensione familiare ... la casa ... lo schermo di una TV ... il pranzo ... la cena ... il lavoro ... fagiolini puliti su un tavolo di cucina ... i libri ... religione ... ideologia ... gesti di tutti i giorni suoni, intimi, svelati con modestia e misura quasi a voler suggerire e non dire.
Moro prigioniero, i carcerieri prigionieri loro stessi, prigioniera la classe politica, le istituzioni statali e religiose, prigioniere le persone comuni che scappano dinanzi all'aprirsi di una porta d'ascensore su una stella a cinque punte o dicono preghiere o cantano inni o fanno sedute spiritiche.
Senso di prigionia che anche le stesse immagini della TV danno.
Prigionia che č quasi malattia mentale.
Immagini della storia appena sussurrate nei TG, negli spettacoli televisivi di allora, sul volto di politici e del Papa.
Il resto č tutto intimo. Quasi un sogno, un brutto sogno. Uno dei carcerieri afferma di aver smesso di sognare, il collega di Chiara invece, parla di come gli uomini perdano se stessi nella vita di tutti i giorni, dietro a gesti ripetitivi e in un certo senso perdano la capacitĂ di sognare non avendo e non coltivando aspirazioni.
Chiara con quell'aria da bambina spaurita, una ventenne, con i suoi sogni notturni, in cui si immagina di vedere Moro che li veglia, come un padre con i figli, in cui si immagina di cercare di arrivare in fondo ad un corridoio ... e liberarlo senza mai riuscirvi.
Sulla sua figura si basa quasi tutto il film, lei, così giovane e così resa vecchia, così ragazza e bambina e cosi in preda ad un sogno delirante ed allucinante da cui non riesce a svegliarsi e che, come dice ella stessa, deve sempre controllare risponda al vero. Prigioniera di sé stessa, in una dicotomia continua, (l'anello che si toglie continuamente, il non saper che fare col bambino della vicina e come prendersene cura, l'essere completamente distaccata dal suo essere donna, dal suo istinto materno) inizia a riappropriarsi di sé, udendo le parole della lettera di Moro, con quelle lacrime che subito rinnega.
La paura dei cinque carcerieri, come dei ragazzini, seduti sul divano davanti alla TV, amando i canarini, amando la propria ragazza, guardando da uno spioncino quasi fosse un buco di una serratura.
La fragilitĂ umana dello stesso carceriere, quando Moro gli chiederĂ : Lei ha figli? - affermerĂ Si uno. Ma non lo vedo da anni. Mi faceva stare troppo male.
E' un film su padri e figli. Lo stesso regista, leggo oggi, dice di aver immaginato nelle passeggiate notturne di Moro, la figura di suo padre, cui il film č dedicato.
La fragilitĂ del prigioniero occhi che fissano e scrivono con drammatica umanitĂ fissando i pensieri per le persone che si amano (la moglie, i figli, il nipote)
La fragilitĂ delle istituzioni statali e religiose che appaiono nei filmati come prigioniere di se stesse ed impotenti, quasi statuarie o uscite ad una coreografia teatrale in cui indossano gli abiti di una seduta spiritica.
La fragilitĂ di quegli anni.
Forse č davvero stata un'epoca in cui si č vissuto dentro un incubo, una prigione, prigione di fede, ideologia, di divisioni del mondo, di schematismi mentali.
Diverse generazioni di giovani e meno giovani, ne sono rimaste vittime, non hanno potuto sognare e i loro uccellini in gabbia sono volati via, con la loro prima giovinezza, con i loro sogni rubati.
Ecco l'uso dei brani musicali: Shine on you crazy diamond e The Great Gig in the Sky dei Pink Floyd (Wish you were here č del 1975, The Dark Side of the Moon del 1973) sono un urlo di dolore, urlo di impotenza di generazioni di giovani cui la classe politica non ha saputo essere buon padre.
Però c'č un però nella vicenda filmica il cammino interiore c'č, ed č un riappropriarsi del sĂ©, tornare appunto a sognare, a parlare a sĂ© stessi: comincia con la scrittura delle lettere per il prigioniero Moro. E' un cammino intimo per Chiara, il recupero della figura paterna, ma anche di gruppo, collettivo, all'interno del suo gruppo (i brigatisti e sul posto di lavoro), e davanti ai nostri occhi di spettatori, proprio come in una terapia di gruppo.
Tornare ad avere un padre, con cui non si può però piů dialogare in modo diretto poichĂ© č morto.
Ma quel padre siamo noi stessi e riconoscersi e tornare ad avere con lui un dialogo: č crescere, maturare, č riappropriarsi di noi stessi e della nostra vita.
E' tornare ad essere liberi, abbattere quella gabbia in cui si č vissuti o ci hanno fatto vivere.
E' alla fine liberarsi dal buio, uscire di casa un mattino all'alba e camminare sentendo l'aria frizzante con in sottofondo le note del Momento musicale Op.94 di Schubert.
E' tornare alla vita, perchĂ© quel maggio del 1978 č proprio come se una parte di noi stessi fosse morta. Per questo vorremmo davvero poter vedere liberare Moro, con lui siamo morti noi, sono morti i carcerieri, č morto uno stato.
Metaforicamente č riappropriarsi di un'epoca e della nostra storia vivendola con conoscenza della drammaticitĂ dei fatti, ma anche la consapevolezza e la maturitĂ di un'analisi a posteriori.
Buongiorno, Notte in un gioco antitetico di termini, rubato ad una poesia di E. Dickinson. Giorno-Notte, Padri-figli, consapevolezza-inconscio, memoria-oblio, vita-morte, quasi una danza di innamorati che si rincorrono e si respingono.
Come potrĂ essere capito od interpretato questo film?
Mah! Ognuno metterĂ di suo, a seconda se era nato all'epoca, se era giovane, giovanissimo, o giĂ grande. Ognuno dovrĂ fare i conti con i propri fantasmi intimi personali, cosi come lo stesso Bellocchio l'ha fatto con sĂ© stesso e con i suoi. L'importante č farlo č sentire dentro queste cose e uscire e camminare per la strada una mattina, dicendo Buongiorno, di giorno e Notte di notte, con la semplicitĂ dei gesti semplici. Il resto sono solo ... parole. Buongiorno, Notte.
Su un piano storico il film sarebbe fuorviante.
Non ha nulla a che vedere con la storia e la cronaca dei fatti. Non č quello il suo tema.